martedì 28 settembre 2010

A ciascuno il suo Dio

Recensione de "Si fa presto a dire Dio", di Paolo Scarpi
ISBN: 9788862201209. Editore: Ponte alle Grazie

L'espresso, 24/09/2010
A ciascuno il suo Dio

Non è solo una conseguenza dell'assoluta anomalia concordataria italiana, se nelle nostre scuole l'ora di religione è un'ora di catechismo cattolico. Il fatto è che quando parliamo di storia, anche comparata, delle religioni abbiamo sempre in mente il modello della religione cristiana, al massimo con le altre due religioni monoteiste ad essa legate, quella ebraica e l'Islam. Da una riflessione come questa parte il libro di Paolo Scarpi, "Si fa presto a dire Dio" (Ponte alle Grazie, pp. 149, euro 13), professore all'università di Padova, che proponendo una sintesi chiara e appassionante della storia delle religioni, mostra come la nozione di religione sia difficilmente riducibile a unità, come pure difficilmente unificabili sono i termini che generalmente vi sono connessi, anzitutto lo stesso concetto di Dio.

Come spesso accade in altri campi della cultura - per esempio con la nozione di arte (ma c'era qualcosa del genere nelle culture "primitive"?) - noi prendiamo per essenza sovrastorica una formazione culturale, andando a cercarla in civiltà e tradizioni che non l'hanno affatto posseduta e elaborata. Il Dio di cui parliamo, pensando di ritrovarlo sotto forme differenti in tutte le lingue e culture, è anch'esso il risultato di una lunga elaborazione culturale. E il concetto di sacro, per esempio, non sembra pensabile al di fuori della tradizione latina che riservava il nome a ciò che era stato "consacrato" dall'autorità del popolo romano e dei suoi "pontefici". La riduzione all'unità dei concetti e delle esperienze religiose non è senza rapporto con l'imperialismo occidentale che si è sempre legittimato in nome del monoteismo.

Perciò, il libro ha tra i suoi capitoli finali anche pagine sull'ideologia della globalizzazione, dove il monoteismo sembra tradursi (e tradirsi?) nel dogma dell'unità del mercato mondiale. Non è, questa, l'unica provocazione di un'opera ricchissima di informazione e degna della massima attenzione.
Gianni Vattimo

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